CANE...PASTORE MAREMMANO ABRUZZESE

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  1. Di&Gi
     
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    PASTORE MAREMMANO ABRUZZESE


    Origine e storia

    La funzione e l’ambiente sono le matrici prime ed uniche sia della morfologia che della “forma mentis” del cane da pecore dell’Abruzzo. L’inizio della selezione di questa razza è avvenuto migliaia di anni fa, quanto cioè l’uomo delle montagne abruzzesi ha cominciato ad allevare pecore ed ha capito che per proteggere i suoi tesori contro i predatori poteva avvalersi magnificamente della collaborazione di chi inizialmente era stato un predatore. I primi cenni storici certi in cui il Cane abruzzese viene descritto nell’attuale configurazione si hanno nel “De agricultura “ di Columella, del secondo secolo avanti Cristo. Il saggista latino consiglia i suoi conterranei a prendere esempio dai popoli Marsi, Equi, Peligni ,Frentani che invece degli uomini usano per la custodia delle greggi una razza di cani grossi, feroci, bianchi con lunghi peli irti e gli occhi come carboni. Essi, dice, non abbandonano mai le pecore anche di fronte all’assalto di lupi , orsi e ladri; sopportano la fame, la sete e il freddo e sono molto meno costosi e molto più fedeli degli schiavi che mangiano tanto, si ammalano facilmente , rubano e fuggono al primo sentore di pericolo. La selezione era già avvenuta. Ma le più antiche testimonianze dell’uomo pastore rinvenute in Abruzzo datano a parecchie migliaia di anni prima degli scritti di Columella. Il termine di riferimento nella formazione e nella valutazione di questa razza non è l’uomo o altra razza di cani, ma la pecora abruzzese e i suoi tradizionali predatori: il lupo e l’orso bruno marsicano.


    Caratteristiche fisiche

    Classificazione scientifica: Cane appartenente al gruppo lupoide, Mesomorfo, Submesocefalo.

    Classificazione utilitaria: Cane da gregge. -

    Il cane è un “pesante” mesomorfo.
    L’altezza, nei maschi oscilla tra i cm 69 e 73, e il peso va dai 50 ai 55 kg.
    Nelle femmine l'atezza oscilla tra i 63 e 67 e il peso di circa 40/45 kg con una tolleranza in ambedue i casi di un centimetro in più o in meno, quando il soggetto presenta notevole armonia d’insieme.

    Il rapporto lunghezza-altezza deve essere tale che il cane risulti appena fuori del quadrato, non superiore a X+X/18, nè inferiore a X+X/20
    Il torace ampio e il petto largo.

    Le reni larghe, e larga deve essere la groppa e poco avvallata, di modo che la coda risulti inserita in alto, sbandierata quando il cane è in eccitazione.
    La linea dorsale deve essere parallela all’appoggio.
    Gli arti robusti, proporzionati, ben appiombati e giustamente angolat.

    Il collo non lungo e molto robusto.

    La testa, troncopiramidale, proporzionata al corpo, non sarà mai di lunghezza superiore ai 4/10 dell’altezza, né inferiore ai 3,5/10 di essa; l’indice cefalico totale espresso in percentuale oscilla tra 51,5 e 55 la lunghezza del muso è sempre abbondantemente inferiore alla lunghezza del cranio; l’angolo della depressione naso – frontale è molto aperto, mai inferiore a 120 gradi sessagesimali;

    Gli assi cranio facciali leggermente divergenti La dentatura molto robusta.
    Gli occhi a mandorla e le orecchie piccole e attaccate alte -

    Il pelo è lungo, irto e bianco candido; le mucose oculari e labiali sono nere; le unghie e le piante dei piedi scure, come scuri sono anche gli occhi.
    Il dimorfismo sessuale è notevole, sia fisicamente che nel comportamento. Caratteristica del maschio adulto è un ampio collare di pelo che a volte diventa criniera , coprendo tutto il torace.
    Nei maschi l’insieme è maestoso.

    I concetti sono: assoluta mancanza di istinto predatorio e di ogni forma di aggressione
    nei confronti degli ovini, concetto che si perfeziona nell'istinto di protezione e di fratellanza nei loro riguardi.

    Per un allevatore di ovini, spesso fittavolo, le pecore rappresentano quasi sempre il suo unico capitale, attorno a cui ruota e da cui dipende la sua vita e quella dei suoi familiari.

    Ciò dà la dimensione del legame che esiste tra lui e i suoi animali, e il detto evangelico " Il pastore conosce una ad una le sue pecore ed esse lo conoscono" non è solo una metafora.

    Da qui l'estrema necessità di selezionare accuratamente tutto ciò che può venire a contatto con le proprie pecore, per evitare qualunque cosa possa rappresentare una minaccia a quanto garantisce la sopravvivenza della sua famiglia. Il cane deve essere di assoluta fiducia , deve essere tale da garantire le pecore da ogni pericolo e , come il pastore, deve conoscere le pecore una ad una e deve essere da esse conosciuto e riconosciuto come tutore .

    La garanzia dell'incolumità del gregge è data dalla razza pura; il cane deve essere bianco candido. All'arrivo di una cucciolata va messa ogni cura per individuare il più piccolo segno che faccia pensare anche lontanamente ad un meticciamento.

    Il verificarsi di questa possibilità comporta l'immediato allontanamento dei piccoli dal gregge, e nel duro mondo della pastorizia bocche inutili non si possono mantenere. "Hommene ruscie i cane pezzate s'hann'accite appena nate".

    Il perché gli uomini rossi verrà trattato in separata sede. Perché bianco?

    - Derivante forse dall'addomesticamento di selvatici dal pelo candido avvenuto a cavallo delle glaciazioni.

    Quasi tutti i podolici del sud Italia hanno le medesime caratteristiche: pelame bianco, mucose nere, iride e parti cheratinose molto scure. - Bianco è bello. - Bianco è mistico, e i montanari abruzzesi hanno uno spirito religioso molto profondo. - Bianco è pratico ,facilita il controllo della razza; è lo stesso colore della lana delle nostre pecore.

    Nella concitazione e nella confusione di un attacco di lupi un cane bianco non può essere assolutamente scambiato per un lupo, né dal pastore , né dalle pecore. - Bianco è… così ce l'hanno lasciato i nostri padri.


    Carattere e comportamento

    Il cane va immesso fin da cucciolo tra le pecore, e il periodo migliore è quello dello svezzamento.
    Deve imparare subito le norme comportamentali e le regole dell'azienda e deve imparare a scegliersi giorno per giorno il suo ruolo e ciò per tutta la sua vita.
    Non deve essere pauroso ,non deve essere isterico, non deve rincorrere gli agnelli e gli altri animali della fattoria ,non deve ululare, non deve lottare con i cani della propria muta in presenza delle pecore, non deve fare nulla che possa creare paura e panico , che è il guaio peggiore che possa capitare in un gregge.

    Il cane deve essere sicuro di se e rassicurante per gli altri; deve essere calmo, sornione; deve saper dissimulare il suo stato di tensione; in presenza delle pecore deve essere composto nei movimenti , deve muoversi con solennità; deve essere anche duro e spietato con chi non si comporta allo stesso modo.
    Capita spesso di vedere un adulto che punisce severamente un giovane che ha derogato alle regole.
    Questo non vuol dire che non debba essere allegro ed affettuoso, specialmente da giovane; la maturità fisica arriva di media dopo i due anni e mezzo.
    Deve osservare a lungo le pecore, deve starci in mezzo più a lungo possibile, deve dormirci insieme, deve fraternizzare con esse, deve leccare gli agnelli, deve sentire le pecore cosa propria, disposto a qualunque sacrificio per difenderle.
    E le pecore questo lo sentono. Ne nasce un bisogno reciproco.
    Questo legame si chiama rapporto mastino: "" non figlio dello stesso ventre, ma figlio dello stesso seno""; fratello di latte, inseparabile. Il cucciolo va nutrito prima possibile con latte di pecora.
    Nella razza non c'è assolutamente posto per soggetti che richiamino anche lontanamente il lupo: un cranio affusolato, un muso da lupo , uno sguardo lupino, un orecchio troppo dritto, un pelo corto e sfumato, un ventre eccessivamente retratto, un petto stretto, un piede allungato, un occhio gialliccio ,un collo sottile, sono tutti elementi che parimenti alle pezze possono far supporre istinti rappresentanti una minaccia all'economia pastorale e quindi non ammissibili. "" Dura lex, sed lex:""
    Viene negata la possibilità di esistere.
    Il cane da pecore abruzzese non deve assolutamente avere tratti somatici o comportamenti somiglianti anche lontanamente a quelli del lupo. 2. Ristretto campo di azione di azione.
    Questo termine va inteso sia in senso stretto,cioè fisico, sia in senso lato, cioè attitudinario. A- In senso fisico.
    Il cane deve agire in un'area molto ristretta , limitata alla proprietà aziendale o all'area coperta dal branco di pecore al pascolo in movimento, comunque mai oltre il centinaio di metri dal gregge.
    Questo è molto importante; ottenere tale comportamento è stato sicuramente il lavoro più arduo e il risultato più lusinghiero nell'opera di selezione.
    La pecora di razza abruzzese, vissana, sopravissana, gentile, pagliarola, e in genere tutte le merino ,pascolano abbastanza raccolte e in caso di minaccia, invece di fuggire, si ammucchiano attorno a qualcosa che dia loro sicurezza, oppure al centro di ampi spazi aperti, in tal modo il loro controllo da parte dei cani o del pastore viene molto facilitato.
    Quando le prede sono protette , i lupi sono soliti attaccare in gruppo, con ruoli differenziati nell'azione: c'è chi provoca e distrae i cani e c'è chi aggredisce il bestiame. Un cane incauto verrebbe attirato lontano dal gregge con il risultato di lasciare le pecore in balia dei predatori e di venire sicuramente ucciso egli stesso.
    Il cane abruzzese ,solo o in gruppo, si stringe nella difesa addosso alle pecore cercando di evitare ad ogni costo che i lupi penetrino nel loro cerchio, intervenendo rapidamente dove maggiore è la necessità. Mai i cani, anche se in buon numero, devono lasciarsi andare alla seguita lasciando le pecore senza difesa e senza un punto di riferimento, in preda al panico. B- In senso attitudinale .
    Il cane abruzzese è stato creato esclusivamente per la custodia delle pecore.
    Se riesce a rendersi utile anche in altri campi, non ha alcuna rilevanza.
    E' vero che essi vengono impiegati nella guardia di proprietà o nella caccia ai lupi e ai cinghiali con ottimi risultati, sono anche in grado di stanare e uccidere le prede; mai però utilizzare per impieghi molteplici cani addetti al gregge, sono soggetti a stimoli e tentazioni che possono distrarli dal loro lavoro
    . La tradizione li vuole immessi al lavoro già in tenera età per essere più a lungo modellati dall'ambiente e dall'esempio degli adulti e facciano subito della vita del gregge il motivo della loro esistenza.
    Il cane toccatore impone alle greggi determinate direzioni di movimento con la minaccia e l'aggressione.
    Pretendere da un Cane abruzzese di guatare o aggredire una pecora è richiedere cosa contro natura . Non solo non può essere utilizzato come toccatore, ma rimane difficile anche farli convivere con i toccatori, proprio per contrapposizione e incompatibilità di ruoli.
    3. Autonomia operativa.
    Il vocabolo ""Autogestione"" ha insito il concetto di raziocinio, che non ammettiamo negli animali, ma in mancanza di un termine più calzante, nel caso specifico lo usiamo per indicare la capacità che un Cane Abruzzese ha di eseguire autonomamente il lavoro di custodia del gregge con iniziative differenziate nella differenza delle circostanze, soprattutto in assenza del fattore uomo. Anzi, è riscontrato che la presenza del padrone spesso inibisce il cane.
    Il mondo pastorale abruzzese ha avuto da sempre due tipi di situazioni imprenditoriali molto differenti tra loro: -
    La grande masseria, a carattere transumante, con diverse migliaia di capi di bestiame ,dove l'organizzazione dell'azienda prevede ruoli specializzati e fissi, con personale assunto e mute di cani di numero rilevante che lavorano sempre a contatto con l'uomo , salvo nelle ore notturne, quando il bestiame è ricoverato negli stazzi. Nella grande azienda il rapporto tra cani e pecore è di uno a cento , centocinquanta. La selezione genetica e lo standard sono garantiti dal numero dei cani e dalle leggi di natura, dove la forza e l'astuzia fanno di un cane un capo , il solo con il compito e il diritto di riprodursi e trasmettere i propri geni ,il razzatore.
    E' chiaro che l'intervento dell'uomo nel controllo delle razza si limita alla necessaria e spietata eliminazione dei soggetti non idonei e alla immissione di sangue nuovo nelle mute ,eseguita con l'introduzione periodica e costante di femmine provenienti da altri allevamenti. Il rapporto dei cani con i pastori avventizi prezzolati e con breve permanenza nella masseria non è quasi mai ottimale, salvo rari casi; si limita alla reciproca sopportazione nel rispetto rigoroso dei ruoli.
    Il rapporto tra i cani è regolato da una rigida gerarchia stabilita da continue e spesso sanguinose verifiche di dominanza. Un capo non ha mai la certezza del proprio dominio sugli altri, egli deve imporla e mantenerla ogni giorno. Nella muta le baruffe sono frequenti, sia tra maschi che tra femmine, raramente però durante il lavoro. L'ambiente e la durezza del lavoro completano la selezione.
    Il freddo , il caldo, la fatica, le ferite, le malattie, la fame eliminano i deboli e temprano i più robusti e l'istinto di sopravvivenza ne fa campioni nell'arte di arrangiarsi, a spese di tutti , mai delle pecore.
    -La piccola realtà allevatrice, stanziale, familiare, necessariamente complementare e parallela ad altre attività , dove la cura del bestiame è per la gran parte del tempo affidata alle donne , ai ragazzi e soprattutto ai cani.

    Le bocche da sfamare non possono mai essere tali da rompere il rapporto ottimale costi-ricavi.
    Il numero dei cani difficilmente supera i due per ogni famiglia quasi sempre maschi e fratelli, nel caso si abbia il terzo ,è una femmina.
    In questa circostanza è l'uomo che massimamente incide, anzi determina la qualità dei cani e di conseguenza la razza.
    E' l'uomo che stabilisce gli accoppiamenti, sceglie i periodi per il parto, seleziona i cuccioli, li addestra al lavoro, li premia e li punisce, li nutre e li cura coadiuvato dagli altri cani, insieme a tutta la famiglia. Il rapporto uomo cane diventa più intenso.
    E' qui che il cane impara a considerare le pecore come proprietà.
    E' in questa realtà che l'uomo, impegnato anche in altre attività, si trova molto spesso nella necessità di affidare il gregge alla sola custodia del cane.
    E il cane è là , sempre vigile e sempre disponibile. Si guarda e si coccola le sue protette, e le pecore lo sanno.
    Capite perché tanta cura nello scegliere e allevare un cane, uno della famiglia; uno che la sera può dire a ragione ""oggi anch'io ho tirato avanti la carretta.""
    S'è visto più di una volta chi piangeva la morte del proprio cane.
    E' la vita fianco a fianco con l'uomo di montagna, duro con se stesso e con gli altri, nelle gioie e nei sacrifici, che modella il cane, lo ragguaglia e lo rende capace di agire nella custodia del gregge in sostituzione del padrone.
    "All'abbiata" il cane non deve mai seguire il padrone e lasciare le pecore. Il piccolo allevatore non si contenta del primo arrivato, il cucciolo se lo va a cercare dove sa di poter trovare "" robba "" di prima qualità.
    A questa scelta sono legate troppe cose.
    Si preferisce far accoppiare le cagne alla fine di novembre o i primi di dicembre: I cuccioli arrivano in febbraio, restano nella tana o nella stalla fino a marzo e poi…fuori! al sole fino al novembre successivo.
    L'arrivo dell'inverno li trova già robusti e forti , a dieci mesi neve e gelo gli fanno un baffo. Mai catena ficett bon cane, dice un vecchio adagio trasaccano.
    Un pastore in Abruzzo non tiene mai a catena il suo cane, è un segno di fiducia.
    E' contro le regole. La catena è per i vigliacchi, per impedir loro di fuggire davanti al pericolo.
    La catena è per i malfattori, per impedir loro di fare del male.
    La permanenza prolungata alla catena sconvolge l'equilibrio del cane e lo rende un potenziale pericolo; gli toglie la vita di gruppo; gli inibisce il senso della proprietà, la capacità di valutazione del pericolo, la possibilità di scegliere il miglior modo per affrontarlo; gli lascia solo la possibilità di abbaiare e di intristire.
    4. Struttura fisica idonea per affrontare i predatori delle greggi e le condizioni dell'ambiente di vita e di lavoro.
    Per ritenere il cane un valido strumento di difesa contro i predatori bisogna riscontrargli qualità e mezzi tali da riuscire egli stesso motivo di timore per il ladro, il lupo o l'orso.
    Gli necessità perciò una struttura fisica adeguata e notevoli doti di agilità e coraggio. Un buon numero di cani riesce normalmente ad evitare tanti guai; dove non ci si può permettere il numero si supplisce con la qualità
    . La struttura del cane è tale da risultare non solo un deterrente per il lupo, ma anche un elemento rassicurante per le pecore.
    Le pecore di razze originarie dell'Abruzzo , tolta la pagliarola, più bassa, hanno un'altezza media oscillante tra i 63 e i 68 cm
    .Il lupo appenninico ha grosso modo la stessa altezza; qualche bel maschio arriva fino ai 70
    Un buon cane deve essere sicuro, e la sicurezza gli viene dalla consapevolezza della rispondenza dei propri mezzi alla funzione; gli necessitano quel minimo di 70 cm di statura con un cinquantacinque-sessanta chili di muscoli che gli garantiscano almeno la parità con un buon lupo e gli assicurino il controllo e la fiducia delle pecore.

    Due o tre cm in più gli danno maggiori possibilità, ma andare oltre significa rompere un preciso e severo equilibrio di masse e risulterebbe invece penalizzante.
    Il lupo deve la sua sopravvivenza a cinque fattori importanti del suo modo di essere:
    -- Fiuto del pericolo e scaltrezza nell' evitarlo,
    -- Capacità di adattamento alle più dure e diverse condizioni di vita,
    -- Mobilità estrema,
    -- Agilità impressionante
    . ---Socialità. La realtà montana abruzzese non permette l'esistenza di grossi branchi di lupi, il loro peso inciderebbe eccessivamente sull'ecosistema causando uno squilibrio sia ambientale che economico.
    Raggruppamenti di quattro o cinque soggetti avviene per brevissimi periodi solo al tempo degli accoppiamenti.
    Di norma i lupi abruzzesi vivono solitari o a coppie; le cucciolate si separano per motivo di spazio vitale dopo il primo anno.
    La tecnica di aggressione del lupo è il mordi e strappa , con attacchi rapidi e continui, cercando di apportare maggior danno all'avversario e nello stesso tempo riceverne il meno possibile, restare gravemente ferito o mutilato per un selvatico è quasi sempre la morte.
    Solo quando la preda è completamente sfinita e non più in grado di nuocere, solo allora egli accetta il corpo a corpo.
    Un cane deve essere quel tanto agile da poter parare gli attacchi del lupo e quel tanto massiccio da portarlo a cercare immediatamente il corpo a corpo dove la sua mole maggiore ha più possibilità di riuscire.
    La forma della sua testa , del suo muso, della sua dentatura e del suo apparato respiratorio devono essere tali da permettergli, una volta afferrato l'avversario in un punto vitale,di mantenere la presa il più a lungo possibile, pena la morte.
    Polmoni voluminosi, narici larghe, fasce dei masseteri ampie, mascella corta e potente con dentatura proporzionata, collo quel tanto corto da permettere un buon movimento del corpo e sopportare anche notevoli pesi; tronco e groppa larghi con arti e appoggi adeguati sono strettamente necessari.
    Il selvatico limitato nel movimento è facile vittima dello stress e del panico e perde più facilmente del cane il controllo di se.
    Il lupo ha pazienza infinita ma solo nella caccia . E' anche vero che i cani hanno terrore del lupo.
    I due eterni nemici raramente arrivano ai ferri corti, solo la fame può costringere un lupo ad avvicinarsi ad un gregge guardato da buoni cani e correre certi rischi.
    La maggior parte delle volte si tratta di provocazioni e di abbaiate furiose, più rumorose che dannose, è sempre la presenza dell'uomo con il bastone o con il fucile ad avere l'ultima parola. Non mancano però racconti di fatti con esiti diversi, veri o favole, prima che arrivasse la televisione, essi riempivano tante serate della gente di montagna. "



    http://www.pastoreabruzzese.it/index.htm -Allevamento





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    Standard

    Classificazione scientifica: Cane appartenente al gruppo lupoide
    Mesomorfo
    Submesocefalo


    Classificazione utilitaria: Cane da gregge


    Origine: Abruzzo (Italia)





    CARATTERI SPECIFICI DELLA RAZZA



    La funzione e l'ambiente sono le matrici prime ed uniche sia della morfologia che della "Forma Mentis" del cane da pecora dell'Abruzzo, che chiameremo d'ora in poi Cane Abruzzese, visto che non c'è possibilità alcuna di confonderlo con altro.
    L'inizio della selezione di questa razza è avvenuto migliaia di anni fa, quando cioè l'uomo delle montagne abruzzesi ha cominciato ad allevare pecore ed ha capito che per proteggere i suoi tesori contro i predatori poteva avvalersi magnificamente della collaborazione di chi inizialmente era stato un predatore.
    I primi cenni storici certi in cui il Cane abruzzese viene descritto nell'attuale configurazione si hanno nel "De Re Rustica" di Columella, del I sec.D.C.
    Il saggista latino consigli i suoi conterranei a prendere esempio dai popoli Marsi, Equi, Peligni, Frentani, che invece degli uomini usano per la custodia delle greggi una razza di cani grossi, feroci, bianchi, con lunghi peli irti e gli occhi come carboni. Essi, dice, non abbandonano mai le pecore anche di fronte all'assalto dei lupi, orsi e ladri; sopportano la fame, la sete e il freddo e sono molto meno costosi e molto più fedeli degli schiavi che mangiano tanto, si ammalano facilmente, rubano e fuggono al primo sentore di pericolo.
    La selezione era già avvenuta.
    Ma le più antiche testimonianze del cane pastore rinvenute in Abruzzo datano parecchie migliaia di anni prima degli scritti di Columella. Il termine di riferimento nella formazione e nella valutazione di questa razza non è l'uomo o altra razza di cani, ma la pecora abruzzese e i suoi tradizionali predatori: il lupo e l'orso bruno marsicano.


    I CONCETTI


    I concetti guida della selezione, sempre uguali e sempre insostituibili dai primordi ad oggi, sono essenzialmente quattro:

    1)Assoluta mancanza di istinto predatorio e di ogni forma di aggressione nei confronti degli ovini, concetto che si perfeziona nell'istinto di protezione e di fratellanza nei loro riguardi.

    Per un allevatore di ovini spesso fittavolo, le pecore rappresentano quasi sempre il suo unico capitale, attorno a cui ruota e da cui dipende la sua vita e dei suoi familiari. Ciò dà la dimensione del legame che esiste tra lui e i suoi animali, e il detto evangelico " Il pastore conosce una ad una le sue pecore ed esse lo conoscono", non è solo una metafora. Da qui l'estrema necessità di selezionare accuratamente tutto ciò che può venire a contatto con le proprie pecore, per evitare qualunque cosa possa rappresentare una minaccia a quanto garantisce la sopravvivenza della sua famiglia. Il cane deve essere di assoluta fiducia, deve essere tale da garantire le pecore da ogni pericolo e, come il pastore, deve conoscere le pecore una ad una e deve essere da esse conosciuto e riconosciuto come tutore.

    La garanzia dell'incolumità del gregge è data dalla razza pura; il cane deve essere bianco candido.
    All'arrivo di una cucciolata va messa ogni cura per individuare il più piccolo segno che faccia pensare anche lontanamente ad un meticciamento. Il verificarsi di questa possibilità comporta l'immediato allontanamento dei piccoli dal gregge, e nel duro mondo della pastorizia bocche inutili non si possono mantenere.
    " Hommene ruscie i cane pezzate s' hann'accite appena nate".
    Il perché gli uomini rossi verrà trattato in separata sede.


    Perché bianco?

    Derivante forse dall’addomesticamento di selvatici dal pelo candido avvenuto a cavallo delle glaciazioni. Quasi tutti i podolici del sud Italia hanno le medesime caratteristiche: pelame bianco, mucose nere, iride e parti cheratinose molto scure.

    Bianco è bello.

    Bianco è mistico, e i montanari abruzzesi hanno uno spirito religioso molto profondo.

    Bianco è pratico ,facilita il controllo della razza; è lo stesso colore della lana delle nostre pecore.
    Nella concitazione e nella confusione di un attacco di lupi un cane bianco non può essere assolutamente scambiato per un lupo, né dal pastore , né dalle pecore.

    Bianco è… così ce l’hanno lasciato i nostri padri.

    Il cane va immesso fin da cucciolo tra le pecore, e il periodo migliore è quello dello svezzamento. Deve imparare subito le norme comportamentali e le regole dell’azienda e deve imparare a scegliersi giorno per giorno il suo ruolo e ciò per tutta la sua vita. Non deve essere pauroso ,non deve essere isterico, non deve rincorrere gli agnelli e gli altri animali della fattoria ,non deve ululare, non deve lottare con i cani della propria muta in presenza delle pecore, non deve fare nulla che possa creare paura e panico , che è il guaio peggiore che possa capitare in un gregge.
    Il cane deve essere sicuro di se e rassicurante per gli altri; deve essere calmo, sornione; deve saper dissimulare il suo stato di tensione; in presenza delle pecore deve essere composto nei movimenti , deve muoversi con solennità; deve essere anche duro e spietato con chi non si comporta allo stesso modo:Capita spesso di vedere un adulto che punisce severamente un giovane che ha derogato alle regole.
    Questo non vuol dire che non debba essere allegro ed affettuoso, specialmente da giovane; la maturità fisica arriva di media dopo i due anni e mezzo.
    Deve osservare a lungo le pecore, deve starci in mezzo più a lungo possibile,deve dormirci insieme, deve fraternizzare con esse, deve leccare gli agnelli,deve sentire le pecore cosa propria, disposto a qualunque sacrificio per difenderle.
    E le pecore questo lo sentono.
    Ne nasce un bisogno reciproco.
    Questo legame si chiama rapporto mastino: “ non figlio dello stesso ventre, ma figlio dello stesso seno”; fratello di latte, inseparabile.
    Il cucciolo va nutrito prima possibile con latte di pecora

    Nella razza non c’è assolutamente posto per soggetti che richiamino anche lontanamente il lupo: un cranio affusolato, un muso da lupo , uno sguardo lupino, un orecchio troppo dritto, un pelo corto e sfumato, un ventre eccessivamente retratto, un petto stretto, un piede allungato, un occhio gialliccio ,un collo sottile, sono tutti elementi che parimenti alle pezze possono far supporre istinti rappresentanti una minaccia all’economia pastorale e quindi non ammissibili.
    “ Dura lex, sed lex:” Viene negata la possibilità di esistere.
    Il cane da pecore abruzzese non deve assolutamente avere tratti somatici o comportamenti somiglianti anche lontanamente a quelli del lupo.



    2)Ristretto campo di azione. Questo termine va inteso sia in senso stretto,cioè fisico, sia in senso lato, cioè attitudinario.

    In senso fisico. Il cane deve agire in un’area molto ristretta , limitata alla proprietà aziendale o all’area coperta dal branco di pecore al pascolo in movimento, comunque mai oltre il centinaio di metri dal gregge. Questo è molto importante; ottenere tale comportamento è stato sicuramente il lavoro più arduo e il risultato più lusinghiero nell’opera di selezione. La pecora di razza abruzzese, vissana, sopravissana, gentile, pagliarola, e in genere tutte le merino ,pascolano abbastanza raccolte e in caso di minaccia, invece di fuggire, si ammucchiano attorno a qualcosa che dia loro sicurezza, oppure al centro di ampi spazi aperti, in tal modo il loro controllo da parte dei cani o del pastore viene molto facilitato. Quando le prede sono protette , i lupi sono soliti attaccare in gruppo, con ruoli differenziati nell’azione: c’è chi provoca e distrae i cani e c’è chi aggredisce il bestiame. Un cane incauto verrebbe attirato lontano dal gregge con il risultato di lasciare le pecore in balia dei predatori e di venire sicuramente ucciso egli stesso. Il cane abruzzese ,solo o in gruppo, si stringe nella difesa addosso alle pecore cercando di evitare ad ogni costo che i lupi penetrino nel loro cerchio, intervenendo rapidamente dove maggiore è la necessità.
    Mai i cani, anche se in buon numero, devono lasciarsi andare alla seguita lasciando le pecore senza difesa e senza un punto di riferimento, in preda al panico.


    In senso attitudinale .Il cane abruzzese è stato creato esclusivamente per la custodia delle pecore. Se riesce a rendersi utile anche in altri campi, non ha alcuna rilevanza. E’ vero che essi vengono impiegati nella guardia di proprietà o nella caccia ai lupi e ai cinghiali con ottimi risultati, sono anche in grado di stanare e uccidere le prede; mai però utilizzare per impieghi molteplici cani addetti al gregge, sono soggetti a stimoli e tentazioni che possono distrarli dal loro lavoro. La tradizione li vuole immessi al lavoro già in tenera età per essere più a lungo modellati dall'ambiente e dall’esempio degli adulti e facciano subito della vita del gregge il motivo della loro esistenza. Il cane toccatore impone alle greggi determinate direzioni di movimento con la minaccia e l’aggressione. Pretendere da un Cane abruzzese di guatare o aggredire una pecora è richiedere cosa contro natura . Non solo non può essere utilizzato come toccatore, ma rimane difficile anche farli convivere con i toccatori , proprio per contrapposizione e incompatibilità di ruoli.
    Il Cane Abruzzese non deve né guatare né toccare.


    3)Autonomia operativa

    Il vocabolo “Autogestione” ha insito il concetto di raziocinio, che non ammettiamo negli animali, ma in mancanza di un termine più calzante, nel caso specifico lo usiamo per indicare la capacità che un Cane Abruzzese ha di eseguire autonomamente il lavoro di custodia del gregge con iniziative differenziate nella differenza delle circostanze, soprattutto in assenza del fattore uomo. Anzi, è riscontrato che la presenza del padrone spesso inibisce il cane.
    Il mondo pastorale abruzzese ha avuto da sempre due tipi di situazioni imprenditoriali molto differenti tra loro:

    La grande masseria, a carattere transumante, con diverse migliaia di capi di bestiame ,dove l’organizzazione dell’azienda prevede ruoli specializzati e fissi, con personale assunto e mute di cani di numero rilevante che lavorano sempre a contatto con l’uomo , salvo nelle ore notturne, quando il bestiame è ricoverato negli stazzi.
    Nella grande azienda il rapporto tra cani e pecore è di uno a cento , centocinquanta.
    La selezione genetica e lo standard sono garantiti dal numero dei cani e dalle leggi di natura, dove la forza e l’astuzia fanno di un cane un capo , il solo con il compito e il diritto di riprodursi e trasmettere i propri geni ,il razzatore.
    E’ chiaro che l’intervento dell’uomo nel controllo delle razza si limita alla necessaria e spietata eliminazione dei soggetti non idonei e alla immissione di sangue nuovo nelle mute ,eseguita con l’introduzione periodica e costante di femmine provenienti da altri allevamenti.
    Il rapporto dei cani con i pastori avventizi prezzolati e con breve permanenza nella masseria non è quasi mai ottimale, salvo rari casi; si limita alla reciproca sopportazione nel rispetto rigoroso dei ruoli. Il rapporto tra i cani è regolato da una rigida gerarchia stabilita da continue e spesso sanguinose verifiche di dominanza.
    Un capo non ha mai la certezza del proprio dominio sugli altri, egli deve imporla e mantenerla ogni giorno.
    Nella muta le baruffe sono frequenti, sia tra maschi che tra femmine, raramente però durante il lavoro.
    L’ambiente e la durezza del lavoro completano la selezione.
    Il freddo , il caldo, la fatica, le ferite, le malattie, la fame eliminano i deboli e temprano i più robusti e l’istinto di sopravvivenza ne fa campioni nell’arte di arrangiarsi, a spese di tutti , mai delle pecore.


    La piccola realtà allevatrice, stanziale, familiare, necessariamente complementare e parallela ad altre attività , dove la cura del bestiame è per la gran parte del tempo affidata alle donne , ai ragazzi e soprattutto ai cani.
    Le bocche da sfamare non possono mai essere tali da rompere il rapporto ottimale costi-ricavi.
    Il numero dei cani difficilmente supera i due per ogni famiglia quasi sempre maschi e fratelli, nel caso si abbia il terzo ,è una femmina.
    In questa circostanza è l’uomo che massimamente incide, anzi determina la qualità dei cani e di conseguenza la razza.
    E’ l’uomo che stabilisce gli accoppiamenti, sceglie i periodi per il parto, seleziona i cuccioli, li addestra al lavoro, li premia e li punisce, li nutre e li cura coadiuvato dagli altri cani, insieme a tutta la famiglia.
    Il rapporto uomo cane diventa più intenso.
    E’ qui che il cane impara a considerare le pecore come proprietà.
    E’ in questa realtà che l’uomo, impegnato anche in altre attività, si trova molto spesso nella necessità di affidare il gregge alla sola custodia del cane.
    E il cane è là , sempre vigile e sempre disponibile.
    Si guarda e si coccola le sue protette, e le pecore lo sanno.
    Capite perché tanta cura nello scegliere e allevare un cane, uno della famiglia; uno che la sera può dire a ragione “oggi anch’io ho tirato avanti la carretta.”
    S’è visto più di una volta chi piangeva la morte del proprio cane.
    E’ la vita fianco a fianco con l’uomo di montagna, duro con se stesso e con gli altri, nelle gioie e nei sacrifici, che modella il cane, lo ragguaglia e lo rende capace di agire nella custodia del gregge in sostituzione del padrone.
    “ All’abbiata” il cane non deve mai seguire il padrone e lasciare le pecore.
    Il piccolo allevatore non si contenta del primo arrivato, il cucciolo se lo va a cercare dove sa di poter trovare “ robba “ di prima qualità.
    A questa scelta sono legate troppe cose.
    Si preferisce far accoppiare le cagne alla fine di novembre o i primi di dicembre: I cuccioli arrivano in febbraio, restano nella tana o nella stalla fino a marzo e poi…fuori! al sole fino al novembre successivo.
    L’arrivo dell’inverno li trova già robusti e forti , a dieci mesi neve e gelo gli fanno un baffo.
    Mai catena ficett bon cane, dice un vecchio adagio trasaccano.

    Un pastore in Abruzzo non tiene mai a catena il suo cane, è un segno di sfiducia. E’ contro le regole.
    La catena è per i vigliacchi, per impedir loro di fuggire davanti al pericolo.
    La catena è per i malfattori, per impedir loro di fare del male.
    La permanenza prolungata alla catena sconvolge l’equilibrio del cane e lo rende un potenziale pericolo; gli toglie la vita di gruppo; gli inibisce il senso della proprietà, la capacità di valutazione del pericolo, la possibilità di scegliere il miglior modo per affrontarlo; gli lascia solo la possibilità di abbaiare e di intristire.



    4) Struttura fisica idonea per affrontare i predatori delle greggi e le condizioni dell’ambiente di vita e di lavoro.

    Per ritenere il cane un valido strumento di difesa contro i predatori bisogna riscontrargli qualità e mezzi tali da riuscire egli stesso motivo di timore per il ladro, il lupo o l’orso.
    Gli necessità perciò una struttura fisica adeguata e notevoli doti di agilità e coraggio.
    Un buon numero di cani riesce normalmente ad evitare tanti guai; dove non ci si può permettere il numero si supplisce con la qualità.

    La struttura del cane è tale da risultare non solo un deterrente per il lupo, ma anche un elemento rassicurante per le pecore.

    Le pecore di razze originarie dell’Abruzzo , tolta la pagliarola, più bassa, hanno un’altezza media oscillante tra i 63 e i 68 cm .Il lupo appenninico ha grosso modo la stessa altezza; qualche bel maschio arriva fino ai 70.

    Un buon cane deve essere sicuro, e la sicurezza gli viene dalla consapevolezza della rispondenza dei propri mezzi alla funzione; gli necessitano quel minimo di 70 cm di statura con un cinquantacinque-sessanta chili di muscoli che gli garantiscano almeno la parità con un buon lupo e gli assicurino il controllo e la fiducia delle pecore.
    Due o tre cm in più gli danno maggiori possibilità, ma andare oltre significa rompere un preciso e severo equilibrio di masse e risulterebbe invece penalizzante.

    Il lupo deve la sua sopravvivenza a cinque fattori importanti del suo modo di essere:

    Fiuto del pericolo e scaltrezza nell'evitarlo

    Capacità di adattamento alle più dure e diverse condizioni di vita

    Mobilità estrema

    Agilità impressionante

    Socialità

    La realtà montana abruzzese non permette l’esistenza di grossi branchi di lupi,il loro peso inciderebbe eccessivamente sull’ecosistema causando uno squilibrio sia ambientale che economico.
    Raggruppamenti di quattro o cinque soggetti avviene per brevissimi periodi solo al tempo degli accoppiamenti.
    Di norma i lupi abruzzesi vivono solitari o a coppie; le cucciolate si separano per motivo di spazio vitale dopo il primo anno.
    La tecnica di aggressione del lupo è il mordi e strappa , con attacchi rapidi e continui, cercando di apportare maggior danno all’avversario e nello stesso tempo riceverne il meno possibile, restare gravemente ferito o mutilato per un selvatico è quasi sempre la morte.
    Solo quando la preda è completamente sfinita e non più in grado di nuocere, solo allora egli accetta il corpo a corpo.
    Un cane deve essere quel tanto agile da poter parare gli attacchi del lupo e quel tanto massiccio da portarlo a cercare immediatamente il corpo a corpo dove la sua mole maggiore ha più possibilità di riuscire.
    La forma della sua testa , del suo muso, della sua dentatura e del suo apparato respiratorio devono essere tali da permettergli, una volta afferrato l’avversario in un punto vitale,di mantenere la presa il più a lungo possibile, pena la morte.


    Polmoni voluminosi, narici larghe, fasce dei masseteri ampie, mascella corta e potente con dentatura proporzionata, collo quel tanto corto da permettere un buon movimento del corpo e sopportare anche notevoli pesi; tronco e groppa larghi con arti e appoggi adeguati sono strettamente necessari.


    Il selvatico limitato nel movimento è facile vittima dello stress e del panico e perde più facilmente del cane il controllo di se. Il lupo ha pazienza infinita ma solo nella caccia .
    E’ anche vero che i cani hanno terrore del lupo.
    I due eterni nemici raramente arrivano ai ferri corti, solo la fame può costringere un lupo ad avvicinarsi ad un gregge guardato da buoni cani e correre certi rischi.
    La maggior parte delle volte si tratta di provocazioni e di abbaiate furiose, più rumorose che dannose, è sempre la presenza dell’uomo con il bastone o con il fucile ad avere l’ultima parola. Non mancano però racconti di fatti con esiti diversi , veri o favole, prima che arrivasse la televisione, essi riempivano tante serate della gente di montagna.

    DEFINIZIONE CINOMETRICA


    CARATTERI GENERALI PRECISANTI LA RAZZA

    Il cane da pastore abruzzese é di grande mole, fortemente costruito, rustico e nel tempo stesso d’aspetto maestoso e distinto, robusto e coraggioso, d'espressione intelligente e molto intensa, di grande equilibrio, di carattere abbastanza docile, molto legato al suo ruolo; se provocato può diventare feroce, sopratutto in assenza del padrone e alla custodia delle greggi; con pelo abbondante, lungo e di colore bianco candido, irto sul corpo e sostenuto da abbondante sottopelo. La conformazione generale é quella di un pesante mesomorfo, il cui tronco é di poco più lungo dell'altezza al garrese.
    Di forte ossatura e di notevole armonia.
    Frutto di ferrea selezione sia per la struttura che per il carattere, dalle popolazioni abruzzesi utilizzato come cane da difesa delle greggi fin dalla preistoria.
    Nessuna razza di cani vanta testimonianze tanto antiche.


    I^ PARTE: LA TESTA

    Submesocefala : la sua lunghezza totale raggiunge il 39-40 % dell'altezza al garrese e il 37-38 % della lunghezza del tronco.

    La lunghezza del muso é inferiore rispetto alla lunghezza della regione craniana di circa i 2,2/10 della lunghezza totale della testa.
    La larghezza del cranio é alquanto superiore alla metà della lunghezza totale della testa, circa i 4,4/8 di essa, l'indice cefalico totale non é mai inferiore a 52.
    L’angolo formato dagli assi longitudinali del cranio e del muso è leggermente convesso.

    Nel suo insieme la testa si presenta grossa, di forma tronco-conico-piramidale a base molto larga.
    La faccia superiore del cranio è larga e piuttosto piatta e il profilo superiore della sezione trasversale nel punto di massima larghezza è minimamente convesso.
    Con narici grandi e ben aperte, umido e fresco il tartufo è sulla stessa linea della canna nasale: visto di profilo non sporge dalla linea verticale anteriore delle labbra, con esse forma la faccia anteriore del muso sul medesimo piano verticale,normale all’asse dello stesso muso o , in qualche caso, con angolo mai inferiore a 86 gradi sessagesimali.
    La sua pigmentazione è nera.
    I profili del muso sono rettilinei.
    La lunghezza del muso è inferiore alla lunghezza della regione craniana di circa i 2,2/10 della lunghezza totale della testa. La sua larghezza - misurata alla metà della sua lunghezza - deve raggiungere il 75-80% della sua lunghezza .
    Misurato nel punto contiguo al cranio esso ha stesse misure per la larghezza e per l’altezza , che sono come quelle della lunghezza.
    Le facce laterali del muso fra di loro sono alquanto convergenti.

    Le labbra non sono eccessivamente sviluppate in altezza, coprono bene i denti della mandibola; la commissura labiale é ben determinata.
    Di conseguenza il profilo inferiore del muso e dato dalle labbra solo per la loro parte medio-anteriore e, indietro, verso la commissura labiale, dalla mandibola e dalla commissura stessa.
    Il pigmento dei margini labiali è nero intenso e omogeneo.
    La regione sottorbitale è moderatamente cesellata.
    Il profilo del muso rimonta verso il cranio in dolce pendenza, l’angolo naso frontale perciò è molto aperto, mai inferiore
    a 150 °.

    Le mascelle sono molto robuste, con sviluppo normale e con arcate dentarie perfettamente combacianti. Le branche della mandibola sono rettilinee.
    Denti bianchi, completi per sviluppo e numero, con incisivi normali al piano di impianto, posti in linea retta, chiusi a forbice stretta o a tenaglia, e canini molto sviluppati.
    Come già detto, la lunghezza del cranio é maggiore rispetto alla lunghezza del muso, di 2,2/10 della lunghezza totale della testa e la sua larghezza bizigomatica é superiore alla metà della lunghezza totale della stessa, oscilla tra il 52% e il 56 % di essa lunghezza.
    Le pareti laterali del cranio sono perciò convesse.
    Visto nel profilo longitudinale il cranio é leggermente convesso, è piuttosto largo fra gli orecchi, con il profilo superiore della sezione trasversale maggiore quasi piatto; si restringe poco verso la regione facciale.
    Il suo asse longitudinale é appena divergente rispetto all'asse del muso.
    I seni frontali sono poco sviluppati.
    La sutura frontale o metopica è evidente.
    L'apofisi o cresta occipitale è poco evidente al tatto e mai apparente.

    L’occhio non è grande rispetto alla mole dell'animale e sempre in posizione laterale; il bulbo non è affossato nè sporgente. L'iride è di colore ocra o castano scuro. Le palpebre sono normalmente aderenti al bulbo oculare. Data la posizione laterale degli occhi, la rima palpebrale é a mandorla. Il pigmento dei margini palpebrali è nero.
    La direzione degli assi delle palpebre o, per spiegarci più chiaramente, la linea retta che passa fra i due angoli della rima palpebrale, determina col piano mediano della testa un angolo di 30-35 gradi.

    L’orecchio è piccolo in rapporto alla mole del cane, di forma triangolare (a V), inserito molto al di sopra dell' arcata zigomatica, in prosecuzione alla congiungente tartufo-occhio, con impianto parallelo all'asse cranico longitudinale, ricoperto di pelo corto, pendente lateralmente leggermente gettato all’indietro e un poco distaccato dalle guance, in stato di perfetta quiete; mai floscio ma molto mobile.
    L'apice dell'orecchio termina a punta moderatamente arrotondata.
    La lunghezza dell' orecchio di un cane di media statura non oltrepassa i 10 cm.
    La tradizione pastorale vuole il taglio delle orecchie purché fatto a regola d'arte e che non nuoccia all'armonia della testa. Con i profili convergenti, la lunghezza del collo in distensione , misurato dalla nuca al garrese , non oltrepassa i 7/10, della lunghezza della testa, e, rispetto alla lunghezza del tronco, raggiunge i 26-27% di essa, perciò corto e muscoloso senza essere tozzo.

    Il collo si presenta forte e molto mobile, fornito di pelo lungo e folto che nei maschi forma ampio collare; spesso prolungato sul garrese e sulla parte anteriore del tronco fino a coprire tutto il torace come una criniera.
    Nei maschi all'attaccatura del garrese si presenta spesso una convessità carnosa caratteristica, detta gobbetta di toro; gli esemplari che la sfoggiano un tempo venivano chiamati torelli.
    Essi presentano a volte anche un accenno di giogaia senza per questo essere linfatici, anzi sono quasi sempre questi i capi branco.


    II^ PARTE : IL CORPO

    La lunghezza del tronco, misurata dalla punta della spalla (angolo scapolo - omerale esterno) o dal manubrio dello sterno
    alla punta della natica (punto posteriore dell'ischio) é maggiore dell'altezza al garrese di 1/18 - 120 di tale altezza.


    L = ( 19 H ) : 18 0ppure ( 21H ) : 20 dove L sta per la lunghezza ed H per l’altezza.

    Nell'insieme appare massiccio senza essere tozzo.

    Il petto è largo e ben aperto; i muscoli pettorali ben sviluppati; la sua larghezza fra i limiti laterali (margini supero-anteriori delle braccia) raggiunge almeno il 31 %- 32 % della media tra altezza al garrese e lunghezza del tronco.
    Il manubrio dello sterno é situato al livello della punte delle spalle.

    Il costato è ampio, scendente fino al livello del gomito, profondo, con ampia convessità a metà della sua altezza.
    Il suo diametro trasversale, che é massimo a metà della sua altezza , va poco diminuendo verso il basso, sì da mantenere ancora ampia la regione sternale. Le coste sono ben cerchiate, oblique; gli spazi intercostali ben estesi, e le ultime false coste lunghe, oblique e ben aperte.

    La regione sternale è lunga; il suo profilo determina un arco di lungo raggio,e rimonta leggermente verso l'addome che é poco retratto.
    Il perimetro del costato è di circa 1/4 superiore all'altezza al garrese, e il suo diametro trasversale non è mai inferiore al
    30 % dell'altezza al garrese.
    L’altezza del costato è il 50 % dell' altezza.
    In un cane da pastore abruzzese di 72 cm. al garrese, il torace da le seguenti misure:

    perimetro (dietro il gomito) cm. 90;

    perimetro sugli archi costali cm. 80;

    profondità oltre i cm 35;

    lunghezza cm. 36;

    diametro trasversale cm. 20 a 23.

    Perciò l'indice toracico sarà rappresentato da un numero non inferiore a 0.55 e non superiore a 0.65.Il garrese è poco elevato sulla linea del dorso, largo , data la buona distanza delle punte delle scapole fra di loro.

    La lunghezza del dorso é di circa 27 % della lunghezza del tronco e il suo profilo superiore è retto e parallelo al piano di appoggio.
    I lombi e i reni sono armonicamente fusi con la linea del dorso, leggermente convessi visti di profilo.
    I fasci muscolari sono ben sviluppati in larghezza e la loro lunghezza e larghezza sono pari a 1/5 della lunghezza totale. Essendo il ventre poco retratto, il profilo inferiore del ventre, dal profilo dello sterno, rimonta in modo poco sensibile verso il fianco.
    I fianchi sono larghi, quasi pari in lunghezza alla regione lombare. L'incavo del fianco è appena accennato.

    La groppa è larga, robusta, muscolosa; la distanza trasversale tra le due anche deve raggiungere 1/8 della lunghezza del tronco.
    La sua lunghezza raggiunge 7/25 della lunghezza del tronco.
    La sua inclinazione é di 25 - 20 gradi sull'orizzontale, per cui moderatamente avvallata.

    L’inserzione della coda, data la groppa leggermente avvallata, non deve essere troppo bassa, essa é attaccata leggermente al di sotto della linea dorsale, con pari inclinazione della groppa., e la sua lunghezza oltrepassa sempre il garretto di almeno 1/10 della sua lunghezza; tenuta pendente in stato di normale quiete del cane; é portata anche ben oltre la linea del dorso,o addirittura alta come una bandiera, in fase di eccitamento; la sua linea si presenta leggermente ricurva nel suo terzo terminale, non arrotolata, esente da gancio terminale; essa è ben guarnita di pelo folto senza formare frangia. E’molto mobile in ogni direzione: è il mezzo di comunicazione più importante dell’animale dopo la voce.

    Gli organi sessuali del maschio nella maturità hanno perfetto e completo sviluppo dei due testicoli ben scesi nello scroto che si presenta spesso di colore scuro.

    III^ PARTE : GLI ARTI.

    La spalla deve essere lunga, larga e non eccessivamente inclinata; fornita di forti muscoli e ben libera nei movimenti.
    La sua lunghezza e di circa 1/4 dell'altezza al garrese.
    Rispetto al piano mediano del corpo, le punte delle scapole sono alquanto distanziate fra di loro, e tendono piuttosto al parallelismo rispetto a tale piano.
    La sua inclinazione é intorno ai 45-50 gradi sull'orizzontale.

    Il braccio è ben saldato al tronco nei suoi due terzi superiori, fornito di forti muscoli. inclinato di circa 60 gradi rispetto all'orizzontale, la sua lunghezza é circa il 30 % dell'altezza al garrese.
    La sua direzione é quasi parallela al piano mediano del corpo.
    L’avambraccio si presenta su linea retta verticale; con grande ossatura. La sua lunghezza é leggermente superiore alla lunghezza dell'omero e poco meno di 1/3 dell'altezza al garrese.
    L'altezza di tutto l'arto anteriore al gomito (punta dell'olécrano) é del 52.87 % dell'altezza al garrese.

    I gomiti sono normalmente aderenti al costato, coperti da pelle morbida e rilassata, sono su un piano parallelo al piano mediano del corpo.
    La punta del gomito si trova sulla perpendicolare calata all'angolo caudale della scapola.
    Sulla sua faccia posteriore si presentano frange di pelo.

    Il carpo si trova sulla linea verticale dell'avambraccio; asciutto, liscio, esente da rilievi ossei visibili, eccetto al suo margine posteriore dove trovasi sporgente e ben visibile l'osso pisiforme.
    Ha frange di pelo nella faccia posteriore.

    Visto di fronte il metacarpo segue la linea verticale dell'avambraccio, asciutto, con minimo tessuto cellulare sottocutaneo. La sua lunghezza non deve essere inferiore al sesto dell'altezza di tutto l'arto al gomito. Visto di profilo il metacarpo deve essere leggermente steso, deviato di circa 8 -10 gradi in avanti dalla verticale.
    E’ privo di frange.

    Grande, di forma rotondeggiante, con dita ben serrate tra di loro, ricoperte di pelo corto e fitto. I centri dei polpastrelli delle dita giacciono su un arco di circonferenza.
    Le suole sono asciutte e dure, le unghie forti, ricurve. i cuscinetti digitali e plantari, come le unghie, fortemente pigmentati:
    il pigmento è nero, tollerato il pigmento color marrone nelle unghie.

    La coscia è lunga, larga, coperta di muscoli evidenti, con margine posteriore leggermente convesso. La sua lunghezza raggiunge 1/3 dell'altezza al garrese.
    La sua faccia esterna, da un margine all'altro, raggiunge i 3/4 della sua lunghezza, perciò in un cane da pastore abruzzese di 72 cm al garrese la larghezza della coscia è di 18 cm.
    La sua direzione é alquanto obliqua dall'alto in basso e dall'indietro all'avanti, e ,rispetto alla verticale, è parallela al piano mediano del corpo.

    La gamba ha forte ossatura e ben fornita di muscoli asciutti; la scanalatura gambale è ben marcata.
    La sua lunghezza é di poco inferiore a quella della coscia, ed é il 32.5 % circa dell’altezza al garrese.
    La sua inclinazione é di circa 60 gradi sull'orizzontale.

    L'altezza del garretto é del 30.9 % dell'altezza al garrese, perciò in un cane da pastore abruzzese di circa 73 cm al garrese, l'altezza del garretto è di cm. 22.55.
    Le sue facce sono molto larghe, il suo angolo (anteriore) giustamente chiuso; vista di dietro, la linea posteriore che dalla punta del garretto scende a terra si trova sulla verticale e sul prolungamento della linea delle natiche.

    Il metatarso è robusto ed asciutto; la sua lunghezza é data dall'altezza del garretto; visto di dietro si trova sulla verticale,
    cioè in perfetto appiombo .
    Speroni assenti.

    Il piede posteriore è leggermente più ovale di quello anteriore.

    Il manto è bianco candido; pulito si presenta lucente.
    Il pelo è molto abbondante, lungo, piuttosto ruvido al tatto, dritto sul corpo, in gergo viene definito ‘sparato’, a volte presenta una leggera ondulazione sulle punte; intorno al collo forma un ricco collare con lunghi favoriti ai lati della testa e sotto la gola,e spesso negli esemplari più maestosi diventa criniera fino a coprire tutto il torace.
    Il pelo é corto sul muso, sulla parte anteriore del cranio, sugli orecchi, sulla faccia anteriore degli arti sia posteriori che anteriori.
    Sulla faccia posteriore degli arti anteriori forma delle frange su carpo e avambraccio.
    Il sottopelo è abbondante specialmente in inverno.
    La lunghezza dei peli sul tronco spesso supera gli 8 cm.

    La pelle si presenta bene aderente al corpo in ogni regione, piuttosto spessa; il collo è quasi sempre esente da giogaia.
    Il pigmento delle mucose è nero, come pure il pigmento delle suole dei cuscinetti digitali e plantari e delle unghie.
    Rare volte nelle unghie il pigmento è marrone.
    Sul resto del corpo spesso è nera o fortemente chiazzata scura.
    Nei buoni esemplari maschi la statura oscilla da 70 a 73 cm al garrese; nelle femmine dai 64 ai 68 .
    Spesso si hanno dei casi in cui l’animale è di poco al di fuori di queste misure, essi vanno ritenuti buoni solo se presentano
    una eccezionale armonia d’insieme.

    L’ insieme strutturale del cane che lo fa definire ‘Pesante Mesomorfo’, nello stato di massima armonia e funzionalità esprime un rapporto abbastanza costante tra altezza al garrese e peso

    P = H x 0,65 + 3H - 207

    dove P ed H sono peso e altezza e 207 è la somma delle altezze estreme più la media di esse.
    Questa formula esprime un incremento costante di peso di Kg 3.65 per ogni cm di altezza .
    Essa può essere ritenuta valida se applicata a cani abruzzesi di altezza oscillante tra i 64 e i 74 cm., sia maschi che femmine, in quanto mostra la variazione del peso e degli elementi strutturali mantenendo costanti i rapporti tra di loro anche nella diversità di sesso.
    A seconda delle necessità il cane adotta svariate forme di movimento che vanno dal passo lungo e lento, trotto allungato,
    galoppo, sovente sfrenato nelle fasi di attacco o di fuga, mai molto prolungato, a scatti.
    In un'andatura saltata, con l'aumento della velocità, gli appoggi tendono a stringersi fin quasi a posizionarsi su un'unica retta. Gli esemplari più corretti camminano ‘ a tre zampe ’, espressione per dire che lasciano a terra solo tre orme in quanto un piede posteriore va a coprire l’orma dell’anteriore corrispondente e nel trotto veloce i posteriori coprono esattamene le orme degli anteriori.

    I DIFETTI

    Ogni deviazione dalle caratteristiche indicate nella descrizione delle varie parti del corpo è difetto.
    Necessita distinguere a priori due tipologie di anomalie : quelle rispetto alla razza e quelle ristretto all’armonia del soggetto, sia esse fisiche che di comportamento.

    I° anomalie rispetto ai caratteri della razza .

    Qualunque essa sia è da ritenersi grave e l’animale che ne è portatore va escluso dalla razza e cancellato dai libri genealogici.
    Qualora un animale presenti contemporaneamente più di una di queste anomalie, necessita un’analisi della linea di sangue da cui proviene.
    Rientrano in questa categoria di anomalie tutte le deviazioni inerenti ai rapporti strutturali, la convergenza o il parallelismo degli assi cranio facciali, la posizione frontale degli occhi, l’evidenziazione del distacco armonico tra collo e cranio,e nel manto la variazione di colore e la tipologia del pelo.

    II° Anomalie rispetto all'armonia del soggetto.

    Esse a loro volta vanno distinte in varie categorie, quelle congenite e quelle derivanti da fattori accidentali dopo la nascita e da allevamento, quelle appena avvertibili , quelle accentuate e quelle fortemente deturpanti e menomanti.
    E’ chiaro che tutte queste valutazioni vanno fatte tenendo ben presente lo scopo proposto all’analisi e il grado di variazione funzionale causata dai difetti riscontrati.

    La più grave di questo tipo è l’aggressività nei confronti degli ovini; nel caso essa si presenti in tutta una linea di sangue è da ritenersi appartenente alla prima categoria di anomalie.


    fonte
    http://www.pastoreabruzzese.it/standard7.htm
     
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